Il fumo passivo

Con il termine “fumo passivo”, detto anche “indiretto” o “ambientale” (sidestream) si intende l’inalazione involontaria del fumo, derivante da quello rilasciato dalla sigaretta mentre brucia e quello esalato dal fumatore, presente nell’ambiente.

Dal momento che si tratta di fumo non filtrato, a differenza di quello “diretto” (mainstream) inalato direttamente dal fumatore, presenta una concentrazione maggiore di nicotina, monossido di carbonio, ammoniaca,... In particolare, la concentrazione di sostanze chimiche cancerogene come le nitrosamine, risulta 50 volte superiore che nel fumo diretto.

Un’esposizione acuta al fumo passivo è causa di tosse e irritazione dell’apparato respiratorio nonché di mal di testa e irritazione e lacrimazione degli occhi. Un’esposizione cronica a questo tipo di fumo, in particolare nei giovanissimi e negli anziani, porta ad un aggravamento di patologie preesistenti, difficoltà cardiocircolatorie e respiratorie (tosse, asma, bronchiti, polmoniti, dispnea) oltre che all’aumentato rischio di coronaropatie e tumori ai polmoni per il quale sono necessari almeno 15 anni dalla cessazione all’esposizione per raggiungere i livelli di non fumatori che non sono stati esposti al fumo indiretto.